Leucemie e linfomi infantili: il dexrazoxano non aumenta la mortalità

L’uso del cardioprotettore dexrazoxano (DRZ) non è connesso a mortalità tardiva, mortalità correlata al tumore o recidive a seguito dell’impiego di antracicline nei sopravvissuti a tumori ematici pediatrici. Lo ha accertato uno studio su più di 1.000 pazienti del Children’s Oncology Group, guidato da Eric Chow dell’Università di Washington di Seattle, secondo cui non sono stati osservati incrementi nella mortalità o nelle recidive fra i pazienti con leucemie e linfomi pediatrici trattati con dexrazoxano, il che include anche la mortalità dalla leucemia mieloide.

Benchè l’impiego del DRZ per proteggere dalla tossicità cardiovascolare delle antracicline negli adulti sia supportato dalla letteratura, il suo impiego nei bambini rimane controverso. Esso è stato limitato dalle preoccupazioni che questo inibitore delle topoisomerasi possa interagire con altri agenti antitumorali, ridurre l’efficacia del trattamento, incrementare il rischio di secondi tumori ed influenzare la sopravvivenza complessiva.

Tre studi passati del COG, comunque, hanno suggerito che il DRZ non influenzi la sopravvivenza complessiva e possa risultare cardioprotettivo, ma le evidenze erano rimaste inconcludenti, per via del monitoraggio a lungo termine necessario a catturare gli episodi di insufficienza cardiaca nei pazienti sopravvissuti a tumori infantili. Secondo gli esperti, la sfida correlata alla sopravvivenza a questi tumori consiste nel fatto che anche dopo la cura i giovani adulti hanno ancora molti decenni di vita di fronte a loro, ed è necessario enfatizzare l’importanza della prosecuzione del monitoraggio, per il quale esistono oggi numerosi centri specializzati. (J Clin Oncol online 2015, pubblicato il 26/5)

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